La collezione Pallavicini e il palazzo del giardino a Montecavallo

Presentazione: Maria Camilla Pallavicini

Introduzione e testi: Francesca Cappelletti

Fotografie: Araldo De Luca

Editore: Campisano Editore

Il Palazzo Pallavicini Rospigliosi, con la sua storia complessa, la bellezza dei suoi edifici e delle sue collezioni, che lo legano a un luogo sin dall'antichità teatro di imprese architettoniche monumentali e di orti deliziosi, dedicati alla cultura e al distacco dagli affanni, cattura da sempre l'interesse e la riflessione degli appassionati.

Alcuni pezzi, celebri, come la cosiddetta "Derelitta" di Botticelli, l'"Allegoria della Castità" di Lorenzo Lotto, la serie dei "Dodici apostoli e del Cristo" di Pieter Paul Rubens, sono solo alcune delle opere più conosciute che vi si trovano da secoli, sotto le volte affrescate da Guido Reni, da Giovanni da San Giovanni e da altri artisti nel Sei e Settecento.

Ritessendo le vicende della costruzione e della decorazione, insieme alle fasi successive dell'organizzazione degli spazi, questo volume restituisce nella prima parte lo stato odierno degli studi sul palazzo e sulla collezione; nella seconda, si propone come guida alla visita nei saloni, dove le opere, di epoche, stili e materiali diversi, sono disposte in un'armonia complessiva che integra nell'insieme barocco anche i capolavori di epoche successive.

Splendore, decoro, conservazione, ma soprattutto memoria, sono le parole che si ripetono nei testamenti, nelle descrizioni delle guide, nei testi più recenti a proposito del palazzo.

Se l'esposizione delle opere nelle collezioni è il risultato di una serie di gesti che hanno creato il modo attuale di intenderle e di vederle, qui, con l'eccezione della sala della Biblioteca e non a caso con l'esposizione della "Derelitta", è l'insieme, vario, sontuoso e illusionistico, a prevalere sull'isolamento del capolavoro.

Il modo di vedere rispetta quindi le origini barocche; non semplifica, ma arricchisce a ogni centimetro l'esperienza della conoscenza; non affretta, ma rallenta la visita; non sceglie una scorciatoia per lo spettatore, ma gli presenta continuamente la non semplicità della memoria e le possibilità continue di interrogare il passato.

(Francesca Cappelletti, docente di Storia dell'Arte Moderna all'Università di Ferrara)